lunedì 23 marzo 2015

Turbogolfer Duo(s) presenta "Azimuth"

un milione di anni fa scoprii che alcuni giocatori di golf professionisti, annoiati dall'esclusività richiesta dai tradizionali golf club, decisero di praticare la propria arte ovunque, a qualsiasi condizione: campi di mais, discariche, grandi parcheggi, boschi, tetti di grandi palazzi, aree industriali dismesse.
iniziarono a chiamarli "turbogolfers".
giocavano vestiti come cazzo gli pareva ascoltando musica hardcore da quei grossi stereo portatili anni '80/'90.
più snowboarders che golfisti.



da allora quando mi occupo di jazz (per chi ancora si chiedesse cos'è il jazz consiglio vivamente le parole di jef lee johnson in quest'intervista al minuto 3.59) 
me ne occupo con la stessa serietà, serenità e trasversalità (qui un piccolo resoconto).

oggi esce il terzo disco "turbogolfer" e si intitola "azimuth" .
con me ci sono sei batteristi.
lo potete ascoltare qui in anteprima su Noisey.
lo potete comprare su Itunes o ordinarlo al vostro negoziante di fiducia.
la copertina è questa (a cura di Andrea Abascià). 
molto di quello che è successo qui è documentato nel film "let me stand next to your fire" di Valeria Allievi.


ve lo presento insieme a Felmay che lo ha pubblicato, Egea che lo distribuisce, Fleisch/Giachery che lo promuove e Nobimusic che lo farà suonare dal vivo.
speriamo vivamente sia di vostro interesse e di qualche ispirazione.

questo il comunicato:
"Il terzo disco del progetto del chitarrista milanese Alberto Turra (musicista già in forza di realtà quali Roy Paci-Corleone, Mamud Band, Giovanni Venosta, Kabikoff, Piepaolo Capovilla) Turbogolfer, si pone come ulteriore passo nella ricerca della trasversalità di stili, contenuti e significati nel contesto della musica improvvisata jazz, post-rock, avantgarde, free form.
Come nei primi due dischi, “Secret of a perfect golf swing”  e “Lamentazioni per la Piave”, rimane la decisa intenzione di creare un concept, che nel caso di  “Azimuth”, si sviluppa intorno all’indagine del “duo” chitarra/batteria e della ritualità legata ai punti cardinali, tema centrale in tutte le culture vicine ai percorsi iniziatico/spirituali (druidici, yogici, sciamanici, etc).
Il suono del disco prende la sua ispirazione da luoghi molto distanti tra loro. Troveremo quindi atmosfere vicine al Frisell più folk e intimo affiancate alle violente sonorità dei Ruins (per un verso) o dei Mogwai (per un altro); si potranno ascoltare riletture del Ben Allison più brillante deviando per lo Steve Coleman più funk e polimetrico fino al Coltrane di A Love Supreme. Incontreremo anche una ninna nanna berbera vicina a brani di scrittura etno-prog. Tutto ciò riletto, scritto e arrangiato secondo le regole del “suonare in duo”, canoni perfettamente descritti in progetti come Melhiana (Brad Meldau, Mark Guiliana), il duo Blade/Muthspiel, o gli Cheval de Frise, solo per citarne alcuni.
Alcuni importanti dettagli riguardo il concept e la realizzazione:
i batteristi coinvolti sono sei;
il repertorio è composto da sei brani originali titolati con il nome del batterista a cui ognuno è dedicato, più sei “cover” in cui si rilevano titoli illustri, da Resolution di Coltrane a Fire di Hendrix passando per la meravigliosa Platypus di Ben Allison o la celebre Ederlezi, fino a Wights Waits For Weights di Steve Coleman;
ogni batterista è identificato con un punto cardinale in forza della necessità di orientarsi/centrarsi nel senso sopra accennato ma anche, più prosaicamente, dal punto di vista dell’immaginazione  dell’ascoltatore.
Est:  "Alberto Pederneschi" (A. Turra) +  “Ederlezi” (trad. balcanico)

Sud: "Marco Cavani" (A. Turra) + “Platypus” (Ben Allison)

Ovest:  "Toni Boselli" (A. Turra) + “Resolution” (Coltrane)

Nord:  "Sergio Quagliarella"(A. Turra) + “Atas atas amimmi” (ninna nanna berbera)

Zenith:  "Tato Vastola" (A. Turra) + “Fire” (Hendrix)

Nadir: "Andrea Rainoldi" (A. Turra) + "Wights Waits For Weights" (Steve Coleman)

Le dodici tracce sono state registrate in diretta in tre giorni, due batteristi al giorno, due brani per batterista."

OVEST: TONI BOSELLI
"Suonare con Toni è fare a cazzotti con l'ortodossia.
Lui, portatore artisticamente sano e geniale della stessa
(e quindi dagli umori instabili e totalmente intuitivo),
mi mette sempre nelle condizioni di non poter transigere,
di non autoindulgere sulle questioni che riguardano l'Intuito e l'Estetica,
siano esse jazz, funk, afrobeat, rock o free form.
L'ortodosso riluttante, per me un maestro."
  


"Da Nord arrivano i Barbari, i padri di questo normanno/africano
portatore di un estetica batteristica impetuosa in un teso e perenne
equilibrio tra John Bonham, Terry Bozzio e il Manu Katche più raffinato.
Il batterista che vorreste sempre alle vostre spalle sul palco;
il fratello che vorreste sempre dalla vostra parte."


SUD:  MARCO CAVANI
"Cristallino.
Marco è la persona che mi fa più ridere al mondo.
Il drumming di Marco è infallibile e supponente,
cosa che apparentemente non dovrebbe conciliarsi
con l'affabilità del suo carattere ma che invece dona, allo sguardo
di chi lo assiste suonare, un sapore di spensieratezza e gioia pura
comune a certi mistici o monaci shaolin.
Raggiungere le vette più alte sorridendo."   


ZENITH: TATO VASTOLA.
"Tato dietro alla batteria ha lo sguardo pieno di stupore
dei bambini che giocano e degli assassini seriali, come a dire
'non c'è niente al mondo che mi appaga di più'.
E', tra quelli che conosco, il batterista più vicino al concetto di "elementale".
Un prodigio di potenza.
Una slavina."


"Un musicista con un grado di attenzione e ascolto tra i più alti da me incontrati.
E' entusiasmante la sua prontezza nell'orchestrare timbri e dinamiche
in rapporto a ciò che gli accade intorno.
Se gli viene restituita l'attenzione e la cura che lui mette nell'ascolto altrui
si raggiungono impressionanti livelli di interplay e di pressione sonora.
Uno specchio perfetto. Una persona coraggiosa."


NADIR:  ANDREA RAINOLDI
"Andrea è il batterista con cui iniziai quasi 15 anni fa l'esperienza Turbogolfer.
A lui devo un ringraziamento speciale per aver condiviso con me le prime
insofferenze per i tempi e i modi di certa musica improvvisata milanese e italiana.
Non è un caso che la persona che più di tutte condivide con me una memoria, sicuramente parziale,
sicuramente soggettiva (ma senza dubbio lucida, schietta, a volte malinconica)
del vissuto musicale milanese degli ultimi 15 anni, sia anche il produttore/fonico di questo disco.
Musicalmente ho sempre avuto l’impressione che fosse il punto di incontro tra Peter Erskine e Marvin 'Smitty' Smith."

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